
E il sole si fermò di nuovo un poco,
come ogni volta. Aeree le cicale
cantarono all’unisono per gioco,
eternità d’un atto rituale.
Sostò il sole, sigillo siderale,
orma di un’orma impressa a vivo fuoco:
le vie, le case, gli alberi, il crinale
sibilarono a un soffio aureo di croco.
Tutto fu già come già fu. Nel giorno
infinito danzarono le fate
tra loro in un’onirica distanza.
Interstizio d’azzurra lontananza,
urgente soglia all’incipiente estate,
mutò il tempo nel ciclico ritorno.
Ecco il solstizio anche quest’anno


Nella distesa siderale il sole si fa sigillo, emblema di un tempo fuori del tempo, di uno spazio immoto e immobile. Resta nel suo splendore a ricordarci il passaggio a un altrove, a una costante e inesorabile metamorfosi. questo è il senso del tutto, sempre diseguale nella sua similarità. Non si ritorna indietro né si procede: siamo nel punto morto dell’universo, abbiamo trovato il varco attraverso cui attingere al volto ultimo delle cose, «come in conchiglia murmure di mare» (G. Pascoli, Alexandros, IV 46), perché «nel suo profondo vidi che s’interna, / legato con amore in un volume, / ciò che per l’universo si squaderna» (Par. XXXIII 85-87).
Continua …
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